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giovedì 20 ottobre 2011

Sola

Tutto da sola. Ho visto un libro che aveva questo titolo. E' stato scritto da una donna di cui non ricordo il nome. Incuriosita, ho sfogliato le pagine di quel piccolo volumetto bianco. Parlava di madri, di amori, di scrittura.
Come diventare una scrittrice. Sì, c'era scritto anche questo. E continuava: "La prima cosa da fare è provare sulla propria pelle la sconfitta". Non erano proprio così le parole, ma il senso della frase era quello...
Tutto da sola... Sono le parole  che mi riecheggiano nell'anima, come una campana nelle fredde mattine domenicali, quando il sole si è da poco svegliato.
Sì, però, è normale sentirsi soli quando si scrive. E' il momento della creatività, della fantasia, della fusione del tuo corpo col mondo. Nessuno può capire cosa si prova a far vibrare le cordi musicali della parola se non l'ha mai fatto. Scrivere rende soli. Ti isola. Ti esclude. La cosa migliore è che ti fa sentire bene, ti fa sentire unica e speciale.
In verità, è la cosa peggiore, perché quando torni alla realtà, quando chiudi le tue ali del pensiero e ritorni sulla Terra, ti rendi conto che tu non sei nessuno, che niente ti aiuterà, che niente ti farà sentire bene o a casa. Capisci che tu non sei la protagonista dell'azione, non potrai mai mescolarti in mezzo agli altri. Puoi solo renderti invisibile, perché tu sei la spettatrice di mille film diversi dove l'attrice principale con il suo lieto fine non sei tu.
Poi c'era un altro capitolo. Parlava di madri. Come parlare a tua madre. Sarebbe davvero bello avere qualcuno che ti consiglia cosa è bene dire o tacere. Non è così facile, soprattutto se le persone cominciano a cambiare. Allora l'amore sparisce. Il cordone ombelicale si spezza. E tu amaramente capisci di essere sola. Non hai un padre, non hai una madre e sai che c'è bisogno di agire. Ti guardi allo specchio e vedi un volto giovane e degli occhi bambineschi, ma ti convinci che il momento delle favole deve finire, che adesso sei tu l'adulta, che tanto prima o poi doveva succedere, che meglio prima che poi, che da ora in poi sarà più dura, perché lo sai... Sai che sei sola.
Amore. Non sai cosa sia. Poi lo incontri, lo provi. L'hai trovato, pensi. Tra un paio di braccia è tutto un po' più semplice. E' un calore piacevole di cui sei stata a lungo privata. Allora ti abbandoni, sogni. Lo sogni. Giorno e notte. Lo pensi. Notte e giorno. E poi arriva il pianto, la ricerca di un aiuto, perché ti ama e ti può dare una mano...
"Non posso".
E cadi nel baratro di pensieri e angosce. Nemmeno le persone che ti ameranno e ti vorranno bene saranno in grado di aiutarti. Così va. In un certo modo l'hai deciso tu, cominciando a scrivere.
Hai deciso di essere sola.





giovedì 13 ottobre 2011

Senza fiato



Ogni volta mi vengono i brividi...

Voglio condividere queste emozioni con chi sta leggendo questo post.

Io mi sento incredibilmente sola e abbandonata, quando ascolto queste note graffianti e queste voci urlanti di dolore. Capisco che il dolore non sarà mai cancellato dal corpo dell'uomo, proprio in quanto uomo. Il dolore può portare alla redenzione e alla maledizione.

Il dolore può essere sia condanna che salvezza.


Sta a noi scegliere.

venerdì 7 ottobre 2011

Frida

Non so se conoscete questa pittrice straordinaria. Il suo nome è Frida Kahlo, nata il 6 luglio 1907 e morta il 13 luglio 1954. Era affetta da spina bifida, una malattia che colpisce le vertebre. A 17 anni ebbe un grave incidente, in seguito al quale dovette stare per un lungo periodo completamente ingessata e a letto. Riprese a camminare, anche se con continui dolori. 


Era una donna di straordinaria forza e crudezza. Non amava le adulazione e ha affrontato la sua vita con coraggio, a testa alta e col sorriso. Solo nei suoi dipinti traspare il suo vero essere, il suo dolore. 







Vi invito a informarvi un po' sul suo conto e a guardare l'ultimo film sulla sua vita, "Frida".
Io trovo che sia crudamente meravigliosa.

martedì 4 ottobre 2011

Un dolce ricordo


Un dolce ricordo


“Potresti crederci? È passato così tanto tempo… E ora sei qui.”
“…”
“… Sai…. Ti ho pensato. Tanto. Ho continuato a pensarti per tutti questi lunghissimi anni… spesso…”
“…”
“Mi sei mancato, sai? Quando ero sola pensavo al tuo calore e quando ero costretta a dormire sola, prendevo la tua camicia e l’abbracciavo, l’annusavo…”
“La mia camicia?”
“Sì… Ah, già… Ti ricordi quella sera? Pioveva e faceva freddo e tu mi regalasti la tua camicia, quella celeste.”
“Ricordo…”
“La tua colonia era buonissima. Ormai è passato tanto tempo, ma alcune volte posso ancora avvertire il tuo profumo…”
“…”
“Perché non dici niente? Non ti sono mai venute in mente le nostre serate? Le nostre giornate? Io sì… E non immagini nemmeno quanto io sia felice di vederti. Sei ancora bello…”
“Grazie.”
“Io, invece, ho preso qualche chilo. Lo sai, no? Mi sono sposata con… con…”
“Lo so con chi ti sei sposata. Ti ho visto.”
“Mi hai visto? Che significa?”
“Ho assistito al tuo matrimonio. C’ero anch’io.”
“Ah… ah… Io… io… non sapevo che…”
“…”
“Perché eri lì?”
“…”
“Mi amavi?”
“Non intendo darti alcuna spiegazione, dato quello che hai fatto tu.”
“…Ti ho aspettato, ma tu non ti facevi vivo… non mi chiamavi…”
“…”
“Perché sei così arrabbiato con me?”
“Cosa dovrei fare? Dovrei fare finta di essere felice? Dovrei essere contento?”
“Sì…”
“Perché?!”
“… Perché… perché io sono felice di vederti!”
“!...”
“… Perché sei così arrabbiato? Non capisco! Dopotutto anche tu hai una famiglia! Anche tu hai dei figli!”
“…”
“…”
“Non piangere… per favore…”
“Non puoi comandarmi a bacchetta… Come posso smetterla così?”
“… Non piangere… ti prego…”
“Perché non dovrei? Ti ho rivisto e sono felice, ma tu sei così lontano da me! Tu sei così distante…!”
“Perché… altrimenti.. finirei per stringerti a me. Ho una moglie, ho due figli e con loro tre mi sento soddisfatto e felice. Sono la mia vita. Vederti, però… ha fatto rifiorire vecchi sentimenti, i quali credevo repressi all’interno del mio cuore e, ormai, morti. In verità erano solo nascosti in un cassetto e adesso che l’ho aperto… No… non posso stare ancora qui, con te… Ricordo ogni momento, ogni istante… Vorrei… vorrei dirti cose… che…”
“Perché no? Dimmele, ti prego… Cerca di dire qualcosa e di farmi vivere ancora una volta. Da quando mi sono sposata sono morta. Non vivo più. La mia vita è grigia, non ho un lavoro e, forse, è troppo tardi per trovarmene uno. Ho dato la mia vita a mio marito e ai miei quattro figli. Gli ultimi due hanno quattro anni… sono gemelli. Ma non vivo più. Non so più cosa significhi respirare l’aria pura, passeggiare per le montagne e volare con la fantasia. Tutto si è spento dentro me. Sono invecchiata. Sono ingrassata. Non sono più nessuno… Io riesco a vivere solo se vivono gli altri, come il Sole illumina la Luna o la Terra. Sono un pianeta freddo, circondata da corpi celesti meravigliosi, i quali brillano di luce propria…”
“Non è così. Tu sei una piccola stella, che non si scorge subito, ma che è la più luminosa di tutte. Sei ancora bellissima. Ti ricordo ancora con l’abito bianco e speravo di vederti affianco a me, pura, come un giglio.”
“… Grazie…”
“Adesso devo andare.”
“Aspetta! Non ti penti di aver sposato l’altra donna? Io sì… tantissimo…”
“No… perché voglio che tu rimani così: un dolce ricordo.”

(Questo racconto è stato pubblicato nell'Antologia della collana Minimal dell'Ibiskos Editrice Risolo)

sabato 1 ottobre 2011

Paradise






Quando era solo una ragazza
Si aspettava il mondo
Ma è diventato fuori dalla sua portata
Così è scappata via nel sonno.
Aveva sognato il paradiso
Paradiso
Paradiso
Ogni volta che chiudeva gli occhi


Quando era solo una ragazza
Si aspettava il mondo
Ma è diventato fuori dalla sua portata
E i proiettili presi sui denti.
La vita va avanti
Diventa così pesante
La ruota distrugge la farfalla
Ogni lacrima, una cascata
Di notte, la tempestosa notte
Lei chiudeva gli occhi
Di notte
La tempestosa notte
Volava via

Sognò il paradiso
Paradiso
Paradiso

Aveva sognato il paradiso
Paradiso
Paradiso

Ancora stesa sotto cieli burrascosi
Ha detto oh oh oh oh oh
So che il sole dovrà sorgere.